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ROMA (4 novembre) - Il cuore soffre in silenzio. Soprattutto quello delle donne. Ma anche quando "grida" non viene ascoltato. E l’infarto è dietro la porta. Eppure basta saperlo "ascoltare" per scongiurare il peggio.
Dolore al petto, esami di routine nella norma e coronarografia "senza stenosi significative": tutto appare sotto controllo e il paziente viene mandata a casa. Ma l’infarto può arrivare lo stesso. Perché, in realtà, il danno coronarico c’era e non è stato evidenziato, nella sua pericolosità, dagli esami. Oggi è possibile intervenire precocemente, prima che l’infarto arrivi, grazie ad una strategia diagnostica altamente innovativa messa a punto a Roma dall’équipe di Massimo Fioranelli e Paolo Pavone della Clinica Mater Dei.
Un "Modello diagnostico integrato" che fonde cardiologia e diagnostica per immagini, clinica e tecnologia. Un modello che si è dimostrato così efficace che gli esperti del Texas Heart Institute di Houston hanno stretto un gemellaggio con la struttura sanitaria romana: mensilmente esperti italiani della Mater Dei ed esperti statunitensi del Texas Heart Institute si daranno appuntamento a distanza per studiare i casi clinici più complessi e quindi fondere le diverse esperienze.
L'approccio diagnostico integrato sarà al centro di un Convegno internazionale organizzato dalla Mater Dei insieme al St.Luke’s Episcopal home of Texas Heart Institute di Houston e la Yale University che si inaugura lunedì 8 novembre a Roma al Senato della Repubblica Sala Capitolare.
«Sono sempre più frequenti i casi di pazienti, spesso donne e sempre più giovani, che si presentano al pronto soccorso lamentando un dolore al petto – spiega Massimo Fioranelli, cardiologo, responsabile del Centro Cuore della Mater Dei di Roma- e in molti casi vengono sottoposte ad esami di routine e rimandate a casa perché tutto è nella norma. In altri casi il quadro viene approfondito con un’angiografia coronarica che, a volte, può dare esito negativo o meglio evidenzia stenosi (cioè restringimenti delle arterie) non significative e, quindi, la donna viene tranquillizzata. Ma l’angiografia coronarica, pur restando un esame insostituibile, ha dimostrato di avere dei limiti: ci consente, infatti, di vedere l’interno dei vasi ma non la parete ed è proprio qui che si forma la malattia coronarica responsabile dell’infarto. Ci sono casi in cui la coronarografia classifica come emodinamicamente non significative, placche responsabili di futuri eventi coronarici. Nell’80 per cento dei casi di infarto miocardico acuto, infatti, la colpa è da attribuire a placche non significative dal punto di vista angiografico che, quindi, sfuggono ai test tradizionali. Il modello diagnostico integrato consente di scoprire proprio quei pazienti che sembrano sani ma che, in realtà, non lo sono».
L’approccio diagnostico integrato. «Abbiamo messo a punto una strategia diagnostica – dice Paolo Pavone, responsabile della radiologia della Mater Dei di Roma - che unisce la cardiologia con la radiologia. Davanti ad un paziente che lamenta un dolore al petto anche se gli esami danno esito negativo non ci si ferma. Il primo passo è quello dell’équipe radiologica, con la Tac Coronarica 128 strati, un esame non invasivo, indicato preferibilmente oltre i 50 anni e a bassissimo dosaggio di radiazioni, pari a 1ms. Basti pensare che una passeggiata in alta montagna o un volo intercontinentale ci espone a 4-5 ms di radiazioni. E’ un esame altamente sofisticato che nella maggioranza dei casi mette in evidenza placche che la coronarografia da sola non vede. Se la Tac Cuore rivela la presenza di placche l’équipe cardiologica va a studiare le coronarie guardandole direttamente all’interno con sonde ecografiche intracoronariche (Intravascular Ultrasound Study-IVUS) o con un esame che sfrutta la luce di una fibra ottica e consente di vedere perfettamente le pareti della coronaria (Optical Coherence Tomography-OCT)».
La collaborazione tra Mater Dei e Texas Heart Institute. Il St.Luke’s Episcopal Hospital home of Texas Heart Institute di Houston è leader mondiale nella ricerca cardiovascolare e rappresenta un punto di riferimento importante nel trattamento dei pazienti con malattie cardiovascolari. Oggi, grazie all’accordo stretto con la Mater Dei di Roma, il Texas Heart Institute è al servizio anche dei pazienti italiani. Uno scambio reciproco di conoscenza ed esperienza che si concretizza la messa a punto di simposi medici di aggiornamento, discussione di casi e second opinion. I casi più complessi saranno quindi affrontati in sinergia tra Roma e Houston al fine di mettere a punto la migliore strategia di intervento per il paziente.
Dolore al petto & Infarto Miocardico Acuto: le cifre in Italia e nel Lazio. Che le malattie coronariche siano al primo posto per mortalità, prima ancora dei tumori è cosa nota. Ma per avere un’idea dell’entità dei pazienti che richiedono aiuto è utile dare uno sguardo alle cifre del Ministero della Salute in merito ai ricoveri ospedalieri. Nel 2005 - ultimo dato disponibile- sono stati oltre 59mila i pazienti ricoverati per dolore al petto, quasi 34mila uomini e oltre 25mila donne. Il dolore toracico, infatti, è al 32esimo posto tra le cause di ricovero. Nel 2005 - ultimo dato disponibile - nel Lazio sono stati oltre 7mila i pazienti ricoverati per dolore al petto, circa 4mila uomini e oltre 3mila donne. Il dolore toracico in Italia è al 32esimo posto tra le cause di ricovero.
Sono certi, invece, i dati dei ricoveri per infarto miocardico acuto. In Italia: nel 2005 sono stati 123.570 dei quali 79.725 hanno interessato gli uomini e 43.845 le donne. I dati dei ricoveri per infarto miocardico acuto nel Lazio nel 2005 sono stati 10.642 dei quali 7.014 hanno interessato gli uomini e 3.628 le donne.
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